domenica 25 giugno 2017

“MENTITE SEMPRE SUGLI ATTENTATI ISLAMICI”. ORDINE DEL GOVERNO E POLIZIA TEDESCA

Il documento riservato della Polizia tedesca (BKA)
Pochi giorni fa, il 20 giugno 2017, il Corriere del Ticino, ha pubblicato un documento di 20 pagine “strettamente riservato” della Polizia criminale tedesca (Bundeskriminalamt - BKA), che conferma in maniera clamorosa le condotte criminali dei governi europei e della quasi totalità della stampa e dei giornalisti e la loro collusione “di fatto” con l’ideologia islamica che sta conquistando l’Europa.

Questo documento tanto esplosivo quanto inquietante si intitola "Come agire in presenza di attacchi terroristici” e ordina ai membri della polizia tedesca (ma è ovvio che si tratta di dossier segreti adottati da tutte le polizie europee) di ingannare la stampa e i cittadini, nascondendo, manipolando e falsificando le informazioni inerenti attentati terroristici islamici. Ecco alcuni stralci:

«Nell’anno elettorale 2017 (elezioni federali del 24 settembre, ndr) non ci sarà alcun attentato, almeno se si sarà in grado di evitarlo. Ciò significa che, non importa quanto siano sicuri dei fatti i funzionari in campo, davanti alla stampa e all’opinione pubblica, per cominciare, si deve negare sempre tuttoLo staff di consulenza del Governo ha bisogno di tempo per illustrare l’accaduto e per mettere insieme un racconto credibile agli occhi dell’opinione pubblica».

Quindi: per non danneggiare la campagna elettorale della Merkel, non devono esserci attentati, ma anche se ci fossero la polizia deve negare sempre tutto, il governo si occuperà poi di confezionare la storia più rassicurante ed innocua possibile. Ancora:

«Le lettere di rivendicazione devono essere citate solo se necessario, ma senza fornire particolari. In caso di dubbio, escludere l’attacco terroristico. Divulgare la teoria dell’autore singolo, come pure quella della persona psichicamente disturbata. In aggiunta: evitare sempre, per cominciare, di parlare di IS (Stato islamico, n.d.r.) o di Islam».

Quindi: evitare se possibile di parlare di terrorismo, in caso di attentati innegabili, essi devono sempre apparire come azioni di “lupi solitari” (le tipiche frasi create ad hoc da giornalisti prezzolati per obbedire alle veline dei governi) o di persone malate di mente, mai come azioni ispirate dalla fede islamica.

Ecco un esempio clamoroso di applicazione concreta di queste direttive segrete. L’11 aprile del 20017 ci fu un attentato contro il pullman della squadra di calcio del Borussia Dortmund. Solo dopo dieci giorni la polizia comunicò che l’attacco era opera del tedesco di origini russe Sergej W., con lo scopo di speculare in Borsa (sic!). A parte la totale bizzarria di questa motivazione, leggendo le pagine del documento si scopre invece che l’attentato era stato rivendicato dall’Isis, fatto mai rivelato alla stampa e alla popolazione. Chi ha compiuto allora quell’attentato? E ancora:

«Dieci milioni di visitatori stranieri all’anno entrano in Germania con passaporti falsi o rubati. In tal senso è possibile correlare la quantità di passaporti rubati con Al Qaeda (IS) e le attività terroristiche islamiste».

Di fatto si ammette che “l’apertura delle frontiere da parte delle Merkel” ha causato un aumento degli attentati terroristici, deduzione di una ovvietà disarmante, ma che viene sempre negata da tutti i governi europei, soprattutto dalle forze politiche sedicenti liberali o di sinistra e che viene sempre bollata come populista o razzista. Altro brano:

«La percentuale degli ingressi illegali è cresciuta del 70%. I colleghi italiani prevedono l’arrivo di circa 350 mila, fino a 400 mila migranti dall’Africa nell’anno 2017. Verso l’esterno, alla stampa e ad altri media, indichiamo una cifra di 250 mila unità».

Come si vede si invita spudoratamente a mentire e falsificare i dati dell’immigrazione e lo stesso avviene per i reati commessi dagli immigrati che nel 2016 sono saliti a 465 mila, ma che le forze dell’ordine tedesche devono ridurre a 295 mila quando parlano con i media.

E infine le minacce ignobili, istigate direttamente dal governo, verso gli agenti che osano parlare di “migranti economici” e che non ubbidiscono, non imbrogliano e non raggirano i propri cittadini:

«Mai parlare di migranti economici. La sollecitazione giunge direttamente dal ministro della Cancelleria e dal portavoce del Governo. Queste indicazioni sono tassative, per chi non le rispetta sono previste sanzioni severe, procedure disciplinari e il licenziamento dalla polizia».
Più che un documento della “Polizia criminale tedesca”, sembra proprio un documento criminale delle polizie e dei governi europei.

Articolo del “Centro Studi Antislamici”

Fonti

giovedì 22 giugno 2017

L'ISLAM ALLA CONQUISTA DELL'EUROPA: IL CASO DI TENSTA (STOCCOLMA - SVEZIA)

(Con la benedizione del governo, dei sedicenti liberali, dei progressisti e dei movimenti LGTB e femministi)

Picchetti dei "Guardiani delle Virtù" per impedire spettacoli
"amorali" a Tensta (municipalità di Stoccolma)
(titoli, foto, video e didascalie a cura  del CSA - Centro Studi Antislamici)

In Svezia, come in molti altri sobborghi in tutta Europa, la repressione da cui molti rifugiati stavano fuggendo, sembra invece rincorrerli.

  
Nalin Pekgul, emigrata turca in Svezia,
ex parlamentare Social-democratica.


Nalin Pekgul, che si definisce musulmana praticante e che ha lavorato come politica nel Partito socialdemocratico, ha affermato che nelle aree abitate da immigrati, come il sobborgo di Tensta di Stoccolma, dove lei vive, la "Polizia della morale" si riunisce fuori dalle sale riunioni per impedire ai giovani di entrare se cercano di organizzare feste con musica. Le organizzazioni islamiche svedesi, spiega Pekgul, hanno rafforzato la loro posizione grazie al sostegno da parte dell'Arabia Saudita, delle agenzie governative, dei media e dei partiti politici svedesi e così via.

Secondo Pekgul, in Svezia ci sono molti musulmani che sono diventati fondamentalisti.  Per aver richiamato l'attenzione del pubblico su questi cambiamenti, Pekgul è stata chiamata "islamofoba". Quando, in segno di  protesta contro i musulmani estremisti, cominciò a indossare delle gonne corte a Tensta, fu molestata.

  
Zeliha Dagli, membro del Partito di sinistra svedese
Un altra musulmana, Zeliha Dagli, che è venuta in Svezia dalla Turchia nel 1985 ed è stata una rappresentante eletta del Partito di sinistra in Svezia, ha combattuto per i diritti delle donne nei quartieri immigrati di Stoccolma per 25 anni. Nel 2015 ha scritto :

“Molto tempo fa sono fuggita dalla mia ex patria, a causa del terrore causato dagli imam nella mia infanzia. Alcuni di loro controllavano le ragazze del villaggio. Le ragazze più grandi non erano autorizzate a passare attraverso la piazza del villaggio, ma dovevano sgattaiolare, fare delle deviazioni e rendersi "invisibili".

  
Incedi e devastazioni al grido di "Allahu Akbar"
nei sobborghi di Stoccolma (video)
“Queste ombre mi hanno perseguitato e in Svezia ho cercato di ottenere pace e tranquillità, ma nella città di Uppsala, dove mi sono stabilita, la mia vita continuava ad essere controllata dai miei connazionali quindi sono di nuovo fuggita da questi fantasmi a Stoccolma ... Anche lì sono stata perseguitata da questi spettri e ora vivo a Husby, ma anche qui vedo tutte le “ombre” che potete immaginare e non ho il diritto a una vita aperta e indipendente: sono costantemente sorvegliata...

Voglio un rifugio e voglio bere un bicchiere di birra con i miei amici, Lars, Hassan, Maria, Osman .... Voglio anche andare all'associazione degli anziani, ascoltare jazz e ballare. Voglio coltivare le verdure nel mio appezzamento indossando i pantaloncini corti, uscire con i miei amici e andare in spiaggia in bikini...

   
Sobborghi di Stoccolma in fiamme
(clicca qui per vedere altre foto)
Nel mio quartiere vorrei sfuggire dallo sguardo fisso e dalla disapprovazione degli uomini, voglio portare a casa mia chiunque voglio, ma oggi non posso perché i miei diritti sono limitati e controllati nel mio quartiere. Tutte queste “ombre” barbute mi spaventano.”

A causa delle sue denunce anche Dagli è stata molestata. Quest'anno, è stata costretta a trasferirsi dalla periferia degli immigrati di Stoccolma: "Ora mi sono trasferita dal mio amato borgo di Husby. Mi manca molto, ma mi sono stancata di dare costantemente spiegazioni su cose completamente evidenti e che riguardano la mia privacy e di essere messa in discussione ed essere chiamata puttana perché non uso un velo, nonostante sia una musulmana".

  
La moschea di Tensta - Stoccolma (video)
Queste donne non sono degli intellettuali di destra che criticano l'Islam.  Sono invece donne musulmane a cui vengono negati i diritti fondamentali in Svezia in quanto donne e abitano in comunità in cui sono state create strutture parallele sociali islamiche.

Tali strutture sociali islamiche parallele influenzano anche la comunità LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender, ndr). A Tensta, i politici locali hanno deciso che la bandiera del Gay Pride venga sollevata nel centro città ogni anno in agosto, quando si svolge la settimana del Gay Pride. Quando la bandiera è stata sollevata a Tensta l'anno scorso è stata strappata dopo poche ore e sia la bandiera che il pennone sono stati rubati. Uno dei politici locali che ha presentato la proposta di issare la bandiera ha dichiarato: "Ci sono credenze culturali e certamente religiose che pensano che la LGBT non dovrebbe esistere negli spazi pubblici".

  
Anche il museo di Tensta è denso di presenze islamiche
Rissne è un distretto nel comune di Sundbyberg, a nord della capitale Stoccolma. La maggior parte degli abitanti di Rissne sono immigrati o nati da genitori immigrati. Quando una panchina nel centro di Rissne è stata dipinta con i colori della bandiera arcobaleno, è stata bruciata e un messaggio è stato scribacchiato sul muro: "[L'orgoglio Gay] non è per Rissne". Poiché non c'erano testimoni, la polizia ha scelto di non indagare sull'incidente .

Che l'omosessualità crea disordini in alcune aree immigrate non è un segreto. Proprio questa situazione, tuttavia, ha portato un'attivista Jan Sjunesson nel 2015 a mettere in scena Gay Pride Järva (Järva è un quartiere di Stoccolma), una sfilata di Gay Pride per la periferia degli immigrati di Stoccolma. 

 
Centro commerciale di Tensta. La popolazione
immigrata sfiora il 70 %
Mentre molti sembravano considerare la sfilata di Sjunesson come una provocazione, Sjunesson crede di lottare per i diritti delle persone LGBT. Nessuno sa come alcuni musulmani in queste aree di immigranti reagiranno. La sfilata genera un sacco di nervosismo nei media svedesi ogni anno a causa di reazioni ostili dalla popolazione locale musulmana.

In aprile, i media svedesi hanno riferito come la “Charter shool” islamica di Al-Azhar a Stoccolma separa ragazzi e ragazze sul bus scolastico. Le ragazze entrano attraverso la porta sul retro, mentre i ragazzi entrano attraverso la porta davanti. La storia dei diritti civili statunitensi non è probabilmente menzionata nella classe di storia di Al-Azhar.

Manifestazione di islamici a Tensta. In alcune scuole
i bambini immigrati sono il 100% 
E’ impossibile adesso affermare che la Svezia sia un paese ultra-liberale, mentre in realtà in Svezia esistono aree in cui le donne con gonne corte e cittadini LGBT sono molestati a causa dei loro vestiti e dell'orientamento sessuale. L'intolleranza è diventata semplicemente parte della Svezia multiculturale di oggi.

La lezione da imparare da questi contrasti è quella di non farsi ingannare dai politici svedesi che cercano di ritrarre la Svezia come un paradiso liberale e tollerante. L'esperienza dei sobborghi degli immigrati delle città svedesi dimostra che gran parte della popolazione svedese non fa parte della Svezia femminista e liberale. I (musulmani, ndr) liberali sono perseguitati dagli islamisti ogni giorno perché nelle loro comunità c'è una mancanza di tolleranza.

Il problema è che coloro che governano la Svezia non provengono da questi sobborghi, non ne hanno alcuna conoscenza approfondita e non hanno chiaramente interesse a questi sobborghi degli immigrati dove le persone non possono vivere come cittadini liberi. 

Interno della moschea di Tensta - Stoccolma (video)
Il movimento LGBT e il movimento femminista preferiscono far tacere coloro che protestano contro l'oppressione islamica nei sobborghi degli immigrati svedesi. Preferiscono farli tacere al punto che anche i musulmani (dissidenti, ndr) sono ritratti come "islamofobi".

Purtroppo gli immigrati dei sobborghi vivranno sotto questa peste islamica finché gli islamici non cresceranno così tanto da diventare una minaccia ai valori liberali delle élite. 

Quando gli islamisti inizieranno a disturbare le élite liberali e la loro sfera culturale, i liberali in Svezia li considereranno un problema. Ironia della sorte, per queste élite liberali, che non molto tempo fa volevano salvare il mondo attraverso una politica liberale dei rifugiati, la loro motivazione primaria sembra semplicemente essere l’interesse personale.

Nima Gholam Ali Pour - 7 giugno 2017

Nima Gholam Ali Pour è membro del consiglio di istruzione della città svedese di Malmö ed è impegnato in diversi gruppi di esperti in Svezia interessati al Medio Oriente. È anche redattore del sito social-conservatore “Situation Malmö”, ed è autore del libro svedese "Därför är mångkultur förtryck" ("Perché il multiculturalismo è oppressione"). 

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Articolo originale in inglese:
https://www.gatestoneinstitute.org/10452/sweden-multicultural-apartheid
Video, foto, didascalie e titoli a cura del Centro Studi Antislamici (CSA)

martedì 20 giugno 2017

PERCHÉ L'ISLAM MI STA SUL GOZZO (FILIPPO FACCI)

(Il Nazi-Ordine dei giornalisti della Lombardia, con un provvedimento a metà tra una criminale fatwa islamica e una bestiale sentenza dell’Inquisizione Cattolica, ha sospeso Filippo Facci per due mesi dalla professione e dallo stipendio, per questo articolo)

"Odio l’Islam. Ne ho abbastanza di leggere articoli scritti da entomologi che osservano gli insetti umani agitarsi laggiù, dietro le lenti del microscopio: laddove brulica una vita che però gli entomologi non vivono, così come non la vivono tanti giornalisti e politici che la osservano e la giudicano dai loro laboratori separati, asettici, fuori dai quali annasperebbero e perirebbero come in un’acqua che non è la loro.

È dal 2001 che leggo analisi basate su altre analisi, sommate ad altre analisi fratto altre analisi, commenti su altri commenti, tanti ne ho scritti senza alzare il culo dalla sedia: con lo stesso rapporto che ha il critico cinematografico coi film dell’esistente, vite degli altri che si limita a guardare e a sezionare da non-attore, da non-protagonista, da non vivente.

Ma non ci sono più le parole, scrisse Giuliano Ferrara una quindicina d’anni fa: eppure, da allora, abbiamo fatto solo quelle, anzi, abbiamo anche preso a vendere emozioni anziché notizie.

Eccone il risultato, ecco alfine le emozioni, le parole: che io odio l’Islam, tutti gli islam, gli islamici e la loro religione più schifosa addirittura di tutte le altre, odio il loro odio che è proibito odiare, le loro moschee squallide, la cultura aniconica e la puzza di piedi, i tappeti pulciosi e l’oro tarocco, il muezzin, i loro veli, i culi sul mio marciapiede, il loro cibo da schifo, i digiuni, il maiale, l’ipocrisia sull’alcol, le vergini, la loro permalosità sconosciuta alla nostra cultura, le teocrazie, il taglione, le loro povere donne, quel manualetto militare che è il Corano, anzi, quella merda di libro con le sue sireh e le sue sure, e le fatwe, queste parole orrende che ci hanno costretto a imparare.

Odio l’Islam perché l’odio è democratico esattamente come l’amare, odio dover precisare che l'anti-islamismo è legittimo mentre l’islamofobia no, perché è solo paura: e io non ne ho, di paura.

Io non odio il diverso: odio l’Islam, perché la mia (la nostra) storia è giudaica, cattolica, laica, greco-latina, rousseiana, quello che volete: ma la storia di un’opposizione lenta e progressiva e instancabile a tutto ciò che gli islamici dicono e fanno, gente che non voglio a casa mia, perché non ci voglio parlare, non ne voglio sapere: e un calcio ben assestato contro quel culo che occupa impunemente il mio marciapiede è il mio miglior editoriale.

Odio l’Islam, ma gli islamici non sono un mio problema: qui, in Italia, in Occidente, sono io a essere il loro".

Filippo Facci (Libero, 28 aprile 2016)

venerdì 16 giugno 2017

LE POLITICHE SUICIDE E IMMIGRAZIONISTE DI VERDI E SOCIALDEMOCRATICI IN SVEZIA

Il fallimento del progetto multiculturale portato avanti in Svezia negli ultimi decenni dai vari partiti di sinistra (Socialdemocratici e Verdi) che si sono succeduti al governo sta emergendo in modo sempre più evidente. A certificarlo è stato l’attentato di Stoccolma dello scorso 7 aprile, compiuto da un uomo che ha prima rubato un camion e lo ha poi lanciato contro la folla lungo Drottninggatan, la principale strada pedonale della capitale svedese, uccidendo quattro persone e ferendone altre quindici. 

L’attentatore si chiama Rakhmat Akilov, trentanovenne di origine uzbeka. Da tempo inneggiava allo Stato Islamico sui social network. Era ricercato dalla polizia svedese perché doveva essere espulso dal paese essendo stata respinta la sua richiesta di soggiorno. Interrogato nel carcere di Kronoberg, Akilov ha dichiarato di aver compiuto l’attentato per «vendicare i bombardamenti contro ISIS» e di aver ricevuto l’ordine di attaccare direttamente da jihadisti operativi in Siria.
STOCCOLMA ATTENTATO
(Stoccolma, il luogo dell’attentato del 7 aprile 2017) 

L’appello al martirio di Al Adnani
La metodologia d’attacco usata da Akilov è quella “classica” più volte invocata dai vari esponenti dell’islamismo radicale, non solo appartenenti allo Stato Islamico. Abu Mohammad Al Adnani, portavoce dell’ISIS, prima di essere ucciso da un drone degli Stati Uniti nell’agosto del 2016 si rivolse agli islamisti di tutto il mondo con questo messaggio: «Se puoi uccidere un miscredente americano o europeo – specialmente un malvagio e sozzo francese – o un australiano, o un canadese, oppure ogni altro miscredente che fa la guerra, inclusi i cittadini dei paesi che sono entrati in una coalizione contro lo Stato Islamico, fai affidamento ad Allah e uccidilo in ogni modo o maniera possano esserci. Schiaccia la sua testa con una pietra, o sgozzalo con un coltello, o investilo con la tua vettura, o precipitalo da un luogo elevato, o soffocalo, o avvelenalo».
Abu-Mohammed-al-Adnani
(Abu Mohammad Al Adnani, portavoce di ISIS ucciso da un drone USA nell’agosto del 2016) 
Al monito di Al Adnani, e a quelli pronunciati dopo di lui dal nuovo portavoce del Califfato Abu Hassan Al Muhajir («voi siete falliti e i segni della vostra rovina sono evidenti a tutti, non c’è dubbio che siate guidati da un idiota (Trump, ndr) che non sa che cosa la Siria o l’Iraq o l’Islam siano»), hanno risposto in molti compiendo atti di forza in tutto il mondo.

Svezia, tra no-go areas e Sharia Zone

La questione dell’estremismo islamico in Svezia ribolle da tempo benché se ne parli poco. Il paese scandinavo accoglie ogni anno più di 200.000 nuovi immigrati provenienti in maggioranza dai Balcani, da Iraq, Siria, Giordania e Palestina. Il risultato di queste politiche è che la Svezia autentica, quella descritta magistralmente dallo scrittore svedese Henning Mankell nei gialli che hanno per protagonista il commissario Kurt Wallander, non esiste praticamente più.
I gravissimi problemi di sicurezza interessano molte città del paese, con Stoccolma e Malmö a contendersi il triste primato della situazione peggiore. Oggi in Svezia si contano 55 aree urbane dette “no-go areas”, di fatto repliche delle tristemente note “ZUS” francesi (Zone urbaine sensible), dove persino le ambulanze, i pompieri e i gli addetti alla consegna della posta possono accedere solo se scortati dalla polizia che viene accolta sempre con lancio di pietre e biglie di ferro e, non di rado, con colpi di armi da fuoco.
Di queste vere e proprie “enclave islamiche” parla il rapporto di sicurezza nazionale svedese del 2014 (“En nationell översikt av kriminella nätverk med stor påverkan i lokalsamhället”). Un insieme di mappe e dati che fotografano un paese in dissolvimento.
Rinkeby_Stockholm
(Auto date alle fiamme nel sobborgo di Rinkeby, febbraio 2017)
In Svezia più del 15% della popolazione totale (circa 10 milioni) è di origine straniera e quasi due milioni di persone vivono in quartieri come Rinkeby alla periferia di Stoccolma, abitato da 16mila persone di 60 etnie differenti e dove si parlano più di 40 lingue. Da queste parti gli svedesi sono sempre di meno: uno ogni venti abitanti, soppiantati da somali, iracheni, siriani, etiopi, turchi, bosniaci, romeni, bengalesi e anche sudamericani. Nelle 30 pagine del rapporto viene evidenziato l’aumento esponenziale del tasso di criminalità e si spiega come le organizzazioni criminali da anni abbiano in dotazione un quantitativo sempre maggiore di armi automatiche.
La disoccupazione e l’emarginazione di giovani donne e uomini, spesso privi di una formazione professionale e che spesso non parlano nemmeno lo svedese, sono il contesto ideale per i predicatori dell’estremismo islamico radicale. Le “Sharia Zone” si estendono così a vista d’occhio, con le ronde islamiche organizzate da uomini barbuti con pantaloni all’afgana che fermano e minacciano le donne non velate, mentre nelle scuole islamiche maschi e femmine sono costretti a frequentare classi e ambienti separati.

I terroristi di ritorno

La Svezia ha una lunga tradizione jihadista che risale ai primi anni Novanta, quando migliaia di islamisti di origine somala, irachena e balcanica in fuga dalle guerre vennero accolti come rifugiati. In centinaia abbracciarono l’Islam salafita e molti tornarono a combattere nei loro Paesi d’origine: in Iraq al servizio di Al Qaeda; in Somalia nelle file dei qaedisti di Al Shabaab.
Prima dell’attentato del 7 aprile, l’ultimo attacco eclatante in Svezia era datato 11 dicembre 2010, giorno in cui un rifugiato iracheno – laureato e che all’epoca godeva del generoso welfare state svedese – si fece esplodere a bordo di un camion pieno di bombole di gas. Fortunatamente l’attentatore commise un errore nella preparazione degli esplosivi e alla fine a perdere la vita fu solo lui. Adesso tutti si interrogano su quanti dei 300 jihadisti partiti per combattere in Siria e Iraq, abbiano fatto rientro in Svezia. Si parla di circa un centinaio di terroristi di ritorno. Il rischio che tra uno di questi ci sia un nuovo attentatore pronto a entrare in azione è altissimo.
(titolo a cura del CSA - Centro Studi Antislamici)

giovedì 8 giugno 2017

GERMANIA: UN'ONDATA DI DELITTI D'ONORE AD OPERA DI MUSULMANI

Il processo di un uomo curdo che ha legato una delle sue tre mogli alla parte posteriore di un'auto, trascinandola per le strade di una città della Bassa Sassonia, ha richiamato l'attenzione sull'esplosione in Germania di un'ondata di violenze dettate dall'onore ad opera di musulmani.
Le violenze d'onore – che vanno dall'abuso emotivo alla violenza fisica e sessuale fino all'omicidio – in genere sono perpetrate dai membri maschi della famiglia ai danni delle donne della loro stessa famiglia che si pensa abbiano recato disonore a una famiglia o un clan.
Sono considerate come offese: rifiutarsi di accettare un matrimonio combinato, iniziare una relazione con uomo non musulmano o con qualcuno che non è approvato dalla famiglia, rifiutare di continuare a vivere con un marito violento o avere uno stile di vita troppo occidentale. In pratica, però, le linee che separano i delitti d'onore da quelli passionali sono spesso sfocate e qualsiasi sfida all'autorità maschile può provocare ritorsioni, che a volte sono incredibilmente brutali.
Il 22 maggio, un tribunale di Hannover ha esaminato il caso di Nurettin B., un curdo di 39 anni nato in Turchia, che aveva tentato di uccidere la sua seconda moglie, Kader K., 28 anni, dopo che lei gli aveva chiesto di sostenere finanziariamente il loro figlioletto di due anni. Il pubblico ministero Ann-Kristin Fröhlich ha ricostruito così il comportamento di Nurettin B:
"Intorno alle 18 del 20 novembre 2016, Nurettin B. sale sulla sua auto a Hamelin per incontrare Kader K. Nel bagagliaio ci sono un coltello, un'ascia e una corda. Sul sedile posteriore è seduto il figlio di due anni che ha trascorso il weekend con lui. I due ex coniugi iniziano a litigare per strada e l'uomo comincia a colpire la donna. Poi, lui prende il coltello e glielo affonda nel petto. La lama di 12,4 cm penetra nel pericardio e nel muscolo cardiaco. Un secondo fendente squarcia la cavità addominale sinistra. Nurettin B. poi tira fuori l'ascia. Con la parte non tagliente colpisce la donna alla testa, spaccandole il cranio.
"Infine, afferra la corda. Con un capo della corda forma un cappio e lo infila al collo della donna e lega l'altra estremità al gancio da traino della sua Volkswagen Passat nera. Nurettin B. mette in moto l'auto e percorre un tratto di strada alla velocità di 80 km/h. Dopo 208 m la corda si rompe. Kader K. finisce contro il marciapiede. Nurettin B. si reca alla stazione di polizia per costituirsi. Il bambino è ancora seduto sul sedile posteriore".
Il giudice competente Wolfgang Rosenbusch ha chiesto a Kader K., rimasta in coma per settimane, di raccontare la sua versione dei fatti. La donna ha detto che "l'orrore" è iniziato subito dopo che nel marzo 2013 era stato contratto il matrimonio islamico secondo la sharia (nozze che non sono valide secondo la legge tedesca), quando Nurettin B. le proibì di aver alcun contatto con amici e familiari. Kader K. poteva uscire di casa soltanto per recarsi a fare la spesa o per le visite mediche. Non le era consentito di avere un telefono cellulare. Quando il giudice Rosenbusch le ha chiesto se Nurettin B. avesse problemi con le donne, Kader K. ha così replicato: "Pensa che le donne siano schiave e debbano rimanere in silenzio".
L'uomo ha confessato il crimine, negando però la premeditazione. È stato accusato di tentato omicidio e rischia di essere condannato a una pena massima di 15 anni di reclusione.


La pittoresca città tedesca di Hamelin è stata teatro di un'orribile episodio di violenza dettata dall'onore, quando Nurettin B., un curdo di 39 anni nato in Turchia, ha tentato di uccidere una delle sue tre mogli. (Fonte dell'immagine: Martin Möller/Wikimedia Commons)

Il 9 maggio, un tribunale di Kiel ha condannato un uomo turco di 35 anni a due anni e mezzo di carcere per aver sparato alle ginocchia all'ex moglie, procurandole un danno permanente, nella speranza che altri uomini non la trovassero attraente. Come spiegato alla Corte, l'uomo ha aspettato la moglie sul retro di una moschea della città dopo le preghiere del venerdì, l'ha accusata di averlo ferito nell'onore e le ha sparato dicendole: "Ora non puoi più camminare. Starai a casa".
In aula, però, la donna, probabilmente sotto pressione della sua famiglia o della moschea, ha dichiarato di essersi riconciliata con il marito e che avrebbe iniziato una terapia di coppia. Secondo alcuni osservatori, la controversia potrebbe essere stata risolta in un tribunale della sharia. In ogni caso, il tribunale tedesco ha consentito all'uomo di tornare a casa con la moglie e non è chiaro se e quando sconterà la pena.
Una Corte di Münster ha condannato Amer K., un libanese di 36 anni, a 12 anni di reclusione per aver accoltellato a morte sua moglie. L'uomo ha inferto con un coltellaccio da cucina più di venti colpi al petto e al collo di Fatima S., 26 anni, madre dei suoi tre figli, perché pensava che la donna volesse divorziare da lui.
A Hanau, un altro tribunale ha condannato un profugo siriano di 22 anni a 12 anni di carcere per aver colpito a morte la sorella 30enne, Ramia A., con un coltello da cucina. La donna era alla 23ma settimana di gravidanza ed è stata accusata di aver disonorato la sua famiglia. Nell'aggressione è morto anche il bambino che Ramia portava in grembo.
L'effettiva portata del problema dell'ondata di violenze d'onore perpetrate in Germania è sconosciuta: molti di questi crimini non vengono denunciati e non esistono delle statistiche affidabili. I dati empirici indicano che le violenze dettate dall'onore – che sono fondamentalmente, ma non esclusivamente, frutto della cultura musulmana e della legge islamica della sharia – sono proliferate dopo che la cancelliera Angela Merkel ha permesso a circa due milioni di migranti provenienti dall'Africa, dall'Asia e dal Medio Oriente di entrare nel paese.
Nel marzo 2011, il Max Planck Institute ha pubblicato uno storico studio sui delitti d'onore. Lo studio ha analizzato tutti questi reati che sono stati compiuti in Germania tra il 1996 e il 2005. Il report ha rilevato che sono stati registrati due omicidi d'onore nel 1998 e dodici nel 2004. Nel 2016, però, ci sono stati 60 casi, un aumento del 400 per cento, secondo il sito webEhrenmord.
Il numero effettivo dei delitti d'onore presumibilmente è molto più alto. Una maggiore censura da parte della polizia e dei media, allo scopo di contrastare i sentimenti anti-immigrazione, rende impossibile conoscere l'identità e la nazionalità di molte vittime o perpetratori, oppure le vere circostanze relative a molti omicidi, che spesso sembrano essere dettati dall'onore, ma ridimensionati come "liti domestiche" (Familienangelegenheiten).
Il 2017 rischia tuttavia di essere un anno record per le violenze d'onore perpetrate in Germania: nei primi cinque mesi di quest'anno, ci sono stati almeno trenta delitti d'onore, tra cui i seguenti:
18 maggio. A Berlino, Edin A., un bosniaco di 32 anni, ha ucciso Michelle E., la sua ex fidanzata tedesca di 35 anni, dopo che lei aveva interrotto la loro relazione violenta. Ha anche rapito e torturato il figlio dodicenne della donna, costretto ad assistere all'omicidio della madre. I vicini hanno detto di aver ripetutamente e inutilmente avvisato la polizia del comportamento violento dell'uomo.
17 maggio. A Pforzheim, un uomo tagiko di 53 anni ha accoltellato a morte la moglie 50enne sul posto di lavoro, una scuola materna cristiana. Non è chiaro se la donna si fosse convertita al Cristianesimo.
17 maggio. A Wardenburg, un iracheno di 37 anni ha ucciso a coltellate la moglie coetanea, mentre dormiva nel suo letto. I cinque figli della coppia, di età compresa tra i 4 e i 15 anni, erano a casa al momento dell'omicidio e ora vivono con dei parenti.
8 maggio. A Neuendettelsau, Mohammed G., un richiedente asilo etiope di 24 anni ha accoltellato allo stomaco la fidanzata 22enne in un ristorante, in quanto lo avrebbe "provocato". La donna era incinta di cinque mesi e il bambino è morto nell'attacco.
4 maggio. A Friburgo, un richiedente asilo siriano di 33 anni ha colpito a coltellate la moglie 24enne, una cristiana curda che se ne era andata di casa, ma era tornata a prendere alcuni effetti personali. I tre figli della coppia – di sei anni, tre anni e dieci mesi – ora si trovano sotto protezione.
29 aprile. A Prien am Chiemsee, un afgano di 29 anni ha accoltellato a morte una donna di 38 anni sua connazionale, Farima S., che si era convertita al Cristianesimo. L'aggressore ha teso un'imboscata alla donna mentre usciva da un negozio di generi alimentari con i suoi due figli.
23 aprile. A Syke, un iracheno di 32 anni, Murad B., ha strangolato la moglie coetanea, Mehe K., davanti ai tre figli della coppia, di uno, due e nove anni.
23 aprile. A Dresda, un profugo pakistano di 29 anni, Shahajan Butt, ha ucciso Thu T., la fidanzata vietnamita di 41 anni. La polizia ha detto che l'uomo, che è arrivato in Germania nel dicembre 2015, si è infuriato dopo aver notato che la donna non aveva postato alcuna sua foto sulla pagina Facebook, e sospettava che lei avrebbe potuto avere un altro fidanzato.
16 aprile. A Mainz-Finthen, un richiedente asilo egiziano di 39 anni, ha accoltellato a morte la moglie 32enne. La polizia ha dichiarato che la coppia stava litigando al momento dell'aggressione. I loro due figli sono sotto custodia protettiva.
5 aprile. A Lipsia, un siriano di 34 anni ha accoltellato la moglie 28enne che voleva il divorzio. I due figli della coppia hanno assistito all'aggressione e ora si trovano sotto custodia protettiva.
31 marzo. A Gütersloh, un siriano di 43 anni ha bruciato la figlia 18enne con una sigaretta, minacciando di ucciderla. All'arrivo della polizia, il padre si è rifiutato di permettere alla figlia di lasciare la casa. Dopo che gli agenti sono riusciti a mettere in salvo la ragazza, l'uomo e il figlio hanno aggredito i poliziotti, che hanno utilizzato dello spray al peperoncino per difendersi. La ragazza è sotto custodia protettiva.
15 marzo. A Kiel, un turco-tedesco di 40 anni ha accoltellato a morte la moglie turca 34enne davanti a un asilo nido. I vicini hanno detto che la coppia, che si era separata, aveva litigato per il trasferimento dei tre figli in Turchia.
4 marzo. A Duisburg, un richiedente asilo siriano di 30 anni, Mahmood Mahrusseh, ha accoltellato la sua ex fidanzata 32enne. La donna è sopravvissuta e il suo aggressore rimane a piede libero.
3 marzo. A Mönchengladbach, un richiedente asilo di 32 anni, Ahmed Salim, ha assassinatouna donna tedesca di 47 anni, Nicole M., che pare avesse interrotto una relazione con lui. L'uomo, che utilizzava anche lo pseudonimo Jamal Amilia, è stato arrestato in Spagna. Nella sua domanda d'asilo, aveva scritto che arrivava da Israele. In un'altra domanda di asilo depositata in un altro paese, aveva dichiarato di essere originario del Marocco. Pare che sia iracheno.
2 marzo. A Scheeßel, un iracheno di 42 anni ha accoltellato a morte lo moglie 52enne, anche lei irachena. La polizia ha detto che si è trattato di un omicidio d'onore. I figli della coppia ora sono sotto custodia protettiva.
25 febbraio. A Euskirchen, un turco-tedesco di 32 anni ha ucciso a coltellate la sua ex fidanzata, una donna tedesca sua coetanea che aveva cominciato a frequentare un altro uomo.
17 febbraio. A Offenbach, un turco di 32 anni, Volkan T., ha ammazzato la sua ex fidanzata, Silvia B., di 40 anni. L'uomo ha detto di essere arrabbiato perché la donna, madre di due figli, aveva interrotto la relazione con lui.
15 febbraio. A Bielefeld, un iracheno di 51 anni ha cercato di uccidere la moglie coetanea aggredendola con un martello, mentre lei frequentava un corso di lingua tedesca. Pare che l'uomo non digerisse il fatto che la donna fosse in una classe mista.
10 febbraio. Ad Ahaus, un richiedente asilo nigeriano di 27 anni ha accoltellato a morte una donna di 22 anni perché ferito nell'onore, avendo la vittima rifiutato le sue avance. La donna, un indù, lavorava nello stesso centro di accoglienza in cui viveva l'aggressore. È stato arrestato a Basilea, in Svizzera.
7 febbraio. A Hanover-Mühlenberg, un 21enne serbo ha accoltellato la sua ex fidanzata dopo che lei aveva interrotto la loro relazione e iniziato a frequentare un altro uomo.
1 febbraio. Ad Amburgo, un afgano di 26 anni ha accoltellato la sua ex moglie durante una discussione. La donna è sopravvissuta all'attacco.
15 gennaio. A Bremen-Vegesack, un turco di 39 anni ha ucciso la moglie, una siriana di 40 anni incinta di nove mesi, perché voleva divorziare da lui. Nell'aggressione è morto anche il bambino che la donna portava in grembo.
5 gennaio. A Waldshut-Tiengen, un turco di 47 anni, ha accoltellato la sua ex moglie perché stava camminando con un amico. La donna ha cercato di fuggire, ma lui l'ha rincorsa e le ha piantato un coltello nella schiena.
4 gennaio. A Köln-Buchheim, un iracheno di 44 anni ha ucciso la figlia 19enne perché non approvava il suo fidanzato. Due giorni dopo il delitto, l'uomo ha chiamato la polizia dicendo: "Ho ammazzato mia figlia". L'uomo potrebbe non essere mai assicurato alla giustizia perché pare sia fuggito in Iraq.

di 7 giugno 2017
Soeren Kern è senior fellow al Gatestone Institute di New York.

martedì 30 maggio 2017

SINDACO SOCIALISTA BRUXELLES FA ARRESTARE DEPUTATI EUROPEI CHE MANIFESTANO CONTRO L'ISLAM

(titolo, foto e didascalie a cura del Centro Studi Antislamici)

Da oggi sappiamo che il Belgio è terra off limits per chi vuole dimostrare contro la strisciante islamizzazione d'Europa. Magari si potrà sfilare per l'orgoglio pedofilo, di certo non l'11 settembre per scandire gli slogan che furono coniati da Oriana Fallaci e prima di lei da Bat Yeor.

L'ex nazi-sindaco socialista di Bruxelles Freddy Thielemans che
invece di far arrestare gli islamici violenti fece manganellare e
incarcerare chi manifestava contro l'islamizzazione dell'Europa
La manifestazione organizzata per protestare contro la shar'ia in Europa è andata come era largamente prevedibile: il sindaco di Bruxelles Freddy Thielemans invece che proteggere i manifestanti contro il terrorismo islamico e l'islamizzazione dell'Europa dai facinorosi di Allah ha preferito farli arrestare tutti in blocco, compreso l'europarlamentare Mario Borghezio della Lega Nord.

E questo per evitare di avere problemi con i rappresentanti più che fanatici della propria comunità musulmana locale. Unico loro reato, nel giorno dell'11 settembre 2007, sesto anniversario della strage organizzata da Bin Laden alle Torri gemelle, quello di avere esposto cartelli con su scritto "No Eurabia".

L'eurodeputato Frank Vanhecke picchiato, buttato a terra
 e preso al collo dalla nazi-polizia belga
Tra i fermati oltre all'eurodeputato leghista Mario Borghezio, figurano anche il presidente dell'ultra destra fiamminga 'Vlaams Belang', Frank Vanhecke, e il capofila al Parlamento fiamminga dello stesso partito, Filip Dewinter. 

La manifestazione era stata organizzata dalla sigla "Stop the islamization in Europe" (Sioe), con un appello, lanciato dall'associazione di origine danese, subito raccolto da molti altri gruppi politici e associazioni  non islamically correct di europarlamentari come l'inglese Gerard Batten (Uk indipendence party) o la Lega Nord in Italia, ma anche il gruppo fiammingo di estrema destra Voorpost.

L'eurodeputato Mario Borghezio picchiato, arrestato e
tenuto in cella per diverse ore dalla polizia belga
Ed è proprio tra le file di questo gruppo di militanti della destra fiamminga che sono cominciati stamani i fermi della polizia. Insomma ancora una volta nel cuore dell'Europa c'è stato un capovolgimento valoriale tale da far sì che i cittadini del Belgio abbiano scelto di stare dalla parte degli assassini di Theo van Gogh piuttosto che da quella di chi scandiva gli stessi slogan presenti nei libri di Oriana Fallaci.

Nei giorni scorsi c'erano state pesanti avvisaglie che sarebbe potuto accadere proprio ciò che è accaduto e infatti alcune associazioni di cittadini avevano preferito rinunciare all'appuntamento per paura di venire coinvolte in scontri di piazza.

Ma mai e poi mai l'europarlamentare della Lega Nord Borghezio poteva immaginarsi di venire trattato come un delinquente solo perchè aveva osato manifestare, sia pure contro la volontà del sindaco di Bruxelles. Che sui siti degli organizzatori dell'evento è stato non a caso ribattezzato "il Gran muftì del Belgio".

Scopo della manifestazione era quello di  presentare una petizione al Parlamento europeo contro le leggi europee possibiliste sulla Shar'ia (ci sono state applicazioni ambigue in Germania, Danimarca e anche in Italia del diritto civile in materia di poligamia e di quello penale in materia di percosse a mogli e figli) e anche per permettere, in futuro, che simili manifestazioni abbiano luogo sul territorio europeo. La manifestazione, infatti, era stata dichiarata preventivamente  illegale dalle autorità amministative di Bruxelles. 

"Le leggi dell'Ue ci danno la libertà di parola - ha però ieri affermato Stephen Gash, fondatore di Sioe in Inghilterra - noi vogliamo solo manifestare pacificamente, davanti all'europarlamento, il nostro pensiero". 

Borghezio raggiunto al telefonino dalle agenzie mentre era in cella di isolamento nel tribuinale di Bruxelles ha affermato che "la polizia è andata giù pesante sia con me sia con gli eurodeputati fiamminghi e francesi che sono stati fermati insieme a me anche dentro il bus su cui ci hanno caricato".

Il prossimo appuntamento l'associazione contro l'islamizzazione d'Europa lo ha già fissato a Marsiglia, a data da destinarsi, per tornare a protestare contro la shar'ia e il diffondersi violento dell'islam in Europa. 

di Dimitri Buffa | 11 Settembre 2007 (L'Occidenatale)


Anche io sono rimasto profondamente indignato quando ho visto le immagini della repressione della manifestazione in TV.
In particolare la cosa che mi ha colpito più seriamente è stato il trattamento riservato dalla polizia a Frank Vanhecke, sembrava il peggiore dei criminali: malmenato buttato a terra, preso al collo...
In quel momento mi sono chiesto che razza di Paese sia il Belgio se i cittadini non sono liberi di manifestare pacificamente (non stavano turbando l'ordine pubblico) le proprie idee.
Un altro problema che mi sono posto, in qualità di cultore del Diritto costituzionale, è stato: ma che ordinamento è mai quello belga in cui si deve chiedere un'autorizzazione per svolgere una manifestazione?
Voi mi direte: beh, anche in Italia si parla di manifestazioni autorizzate e non autorizzate.
E' vero, tuttavia la è improprio nel nostro ordinamento parlare di autorizzazione.
L'art. 17 della nostra Costituzione dispone che:
1. I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.
2. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
3. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
Come visto l'articolo parla di preavviso e non di autorizzazione. Ciò significa, secondo un'interpretazione consolidata, che il preavviso di una manifestazione in luogo pubblico non costituisce condizione di legittimità della stessa, bensì mera condizione di regolarità.
Che significa? Significa che se un gruppo non abbia dato comunicazione alle forze dell'ordine di una manifestazione in luogo pubblico, ciò non importerebbe automaticamente l'illegittimità della manifestazione e, quindi, le forze dell'ordine non potrebbero disperderne i partecipanti. Perchè, infatti, possano intervenire con provvedimenti repressivi si rende necessaria una turbativa dell'ordine pubblico, concretantesi in atti che contravvengano alle due condizioni poste dall'art. 17, ovvero che la riunione sia fatta "pacificamente e senz'armi".
E' ovvio che, per chi ha coscienza dello statuto riservato alla libertà di riunione nel nostro Paese, il trattamento riservato a quei manifestanti appare strano.
A tal punto mi sono chiesto: ma la libertà di riunione come è regolata nella Costituzione belga?
L'Art. 26 della Cost. belga (tratto da Costituzioni straniere contemporanee, a cura di Paolo Biscaretti di Ruffìa, Milano, Giuffrè Editore, 1996) dispone:
1. I Belgi hanno il diritto di riunirsi pacificamente e senza armi, nel rispetto delle leggi che regolano l'esercizio di tale diritto, senza peraltro assoggettarlo ad un'autorizzazione preventiva.
2. Tale disposizione non si applica alle riunioni all'aperto, che rimangono interamente assoggettate alle leggi di polizia.
E' evidente come il II comma di questo articolo svuoti di senso la tutela costituzionale della libertà di riunione, demandando alla legge ordinaria la regolamentazione della fattispecie.
Vi renderete conto che è una gravissima lacuna del testo costituzionale demandare la regolazione di una libertà fondamentale ad altra fonte. Ma tant'è.
Questo, signori, è un esempio della tanto invocata "Europa dei diritti", evocata da quanti vogliono che la Costituzione eurolea contenga un catalogo di diritti che assorba quelli presenti nelle Costituzioni nazionali. Ma già da questo signolo caso ci rendiamo conto che le posizioni di partenza sono assai distanti e che i patrimoni giuridici dei diversi Paesi difficilmente riusciranno a collimare.
Il caso di specie è una comparazione fra Beglio e Italia...ma immaginate cosa avverrebbe comparando gli ordinamenti di tutti gli altri Stati membri o aspiranti tali.
Una Torre di Babele? Avete indovinato!

Qui l'articolo originale
Qui un altro alrticolo sullo stesso episodio